SIAMO QUASI ALL'ACCANIMENTO TERAPEUTICO!Un tempo ero ingenuamente convinto del fatto che i problemi della caccia in Italia derivassero solo dagli ambientalisti, dagli animalisti ed anticaccia, dal degrado del territorio, dalla parco-mania diffusa, ecc., ecc..
Poi ho dovuto ricredermi, scoprendo che la maggior parte dei problemi della caccia derivavano invece proprio dai cacciatori.
Dal loro egoismo, dalle loro stupide gelosie, dalle loro divisioni, (non solo fra diverse Associazioni, ma soprattutto fra residenti in aree diverse e più o meno fortunate dal punto di vista faunistico-venatori e fra praticanti di forme di caccia diverse), dalla loro incapacità a costruire alleanze ed a comunicare con il resto della società.
Agli anticaccia, così, non resta che stare a guardare quanto siamo bravi a farci del male da soli (anche se poi non rinunciano certo a sparare le loro cartucce).
Basta dare un’occhiata a calendari regionali e provinciali per accorgersi che la stragrande maggioranza dei vincoli presenti non sono imposti da nessuna legge né nazionale né regionale, né tanto meno proposti dagli anticaccia, ma solo voluti e proposti proprio da rappresentanti di cacciatori che siedono nelle diverse consulte regionali e provinciali o nei comitati di gestione di ATC e CA.
Giornate fisse al posto dei tre giorni a scelta, orari di inizio e fine caccia od addestramento cani simili a quelli di un lavoro par-time o di turni in fabbrica, limiti di carnieri e di specie cacciabili inspiegabili, limiti alla mobilità ed all’accesso negli ATC e CA e chi più ne ha più ne metta.
Tutto per stupide gelosie, paure ed altrettanto stupido egoismo.
Sul territorio i rappresentanti delle diverse Associazioni passano il tempo a studiare come farsi reciprocamente le scarpe ingaggiando stupide guerre per le tessere (ricorrendo ad ogni sorta di espediente), per un posto in una consulta, in un comitato di gestione di ATC, in una commissione esami o per avere qualche guardia in più. E tutto mentre i veri problemi della caccia (perdita di territorio agro-silvo-pastorale, parchi e aree natura 2000, rapporto con la società e con il mondo agricolo) si aggravano di giorno in giorno.
E le stesse Associazioni a livello nazionale sembrano non rendersene conto ed in qualche caso addirittura adottano gli stessi comportamenti.
Qualcuna rimpiange addirittura l’UNAVI ed invoca la sua rifondazione per cercare di ripristinare l’unità del mondo venatorio.
Ma quale unità, mi chiedo.
Io non sento rimpianti per questa unità di facciata che non ha risolto i problemi veri, ma anzi ha contribuito ad aumentarli: non ha saputo evitare la frammentazione della sua base associativa o prevenire (con una adeguata formazione) e punire gli egoismi, le gelosie e l’autolesionismo dei suoi Dirigenti sul territorio. Ma, soprattutto, non ha saputo instaurare una efficace comunicazione con la società, che non ha saputo rapportarsi con trasparenza ed imparzialità con le Istituzioni e la politica, che non ha saputo allacciare preziose alleanze esterne per realmente e disinteressatamente tutelare e promuovere la caccia nella società.
E non ho parole per chi ancora pensa di rifondarla senza accorgersi che sarebbe solo il perseverare su posizioni sbagliate, vecchie, desuete e controproducenti.
Senza accorgersi che siamo alle prese con un paziente gravemente ammalato che necessita di una terapia d’urto nuova, efficace e soprattutto veloce nel produrre i suoi effetti.
Soprattutto veloce perchè siamo veramente agli sgoccioli e non rimane tempo da perdere in chiacchiere e masturbazioni cerebrali.
Possibile che nessuno si accorga di quello che sta avvenendo?
Le nostre divisioni e debolezze continuano ed aumentano, infrastrutture, urbanizzazione, parchi e divieti ci sottraggono il territorio agro-silvo-pastorale utile alla caccia (che in qualche realtà provinciale è già di fatto quasi cancellato) ma soprattutto, siamo un popolo di vecchi senza giovani leve in numero adeguato ad assicurare un rinnovo ed il mantenimento della nostra “specie”.
Non ho dati sufficienti per fare previsioni matematiche, ma credo di non essere molto lontano dalla realtà nell’asserire che l’età media del cacciatore italiano sia assai prossima ai 60 anni e che al massimo tra 15 o 20 anni i cacciatori in Italia saranno ridotti ad un pugno di mosche.
Dico italiani perchè in altre parti d’Europa le cose vanno diversamente. Basta vedere qualche documentario sulla realtà francese o di altri paesi del nord per verificare come la caccia, nelle sue mille diverse forme e manifestazioni, coinvolga ancora moltissimi giovani, giovanissimi anche sulle spalle dei loro genitori, in un territorio ancora ampio e soprattutto gestito, tra la comprensione e la condivisione della società e non tra l’avversione o al massimo l’indifferenza italiana.
Queste cose l’ANUUMigratoristi le ha sempre evidenziate e da parte sua ha sempre operato per contrastarle o per dare esempi concreti di razionalità e correttezza, sia nei rapporti inter-associativi, sia nelle azioni pratiche per la gestione del territorio e per i rapporti con la società.
Oggi l’ANUUMigratoristi lancia l’ultimo allarme ma come è nel suo stile non si limita ad elencare i problemi, bensì tenta di proporre anche valide soluzioni.
Oggi al mondo venatorio italiano non serve più una UNAVI, non serve più un semplice coordinamento tra Associazioni che poi sul territorio continuano a farsi la guerra trascurando i veri problemi e le cose da fare.
Oggi al mondo venatorio italiano occorre arrivare con la velocità della luce ad una unica Associazione dei cacciatori che sia fondata valorizzando il meglio di quelle attuali e che adotti un semplice codice di comportamento: tutti insieme per difendere e promuovere la caccia italiana nelle sue mille forme e sfumature, senza discriminazioni, senza preclusioni, senza prevaricazioni, senza altri interessi (né di natura politica, né di natura economica), senza autolimitazioni ed autolesionismi, ma con grande voglia di lavorare e di comunicare con gli altri che cacciatori non sono.
L’ANUUMigratoristi è pronta a mettersi in gioco. La palla ora passa alle altre Associazioni.
Speriamo solo che si rendano conto che ogni altra scelta sarebbe solo un accanimento terapeutico su un malato che, da grave come è oggi, diventerebbe irrimediabilmente un malato terminale.
Ed ognuno dovrà assumersi la propria responsabilità.
Marco Castellani
Vice presidente nazionale
ANUUMigratoristi